Pietro Fragiacomo (Trieste 1856 – Venezia 1922)

Pietro Fragiacomo nasce a Trieste il 14 agosto 1856 da umili natali, primo di sei figli e unico maschio di Domenico e Caterina Dolce, entrambi nativi di Pirano d’Istria. Il padre, cuoco di professione, dapprima è a lavoro presso una ricca famiglia israelita; in seguito ad un tentativo fallito di avviare un piccolo albergo a Trieste, nel 1864 decide di trasferirsi a Venezia con la famiglia in cerca di fortuna maggiore.
A Venezia, prende in affitto il “Caffè Lazzaroni” in Frezzaria e qui nasce la sua ultima figlia, Maria Luigia dopo Francesca, Antonia, Ernesta, Albina . Iscrive successivamente il figlio Pietro alle scuole tecniche di Campo San Felice, dove il giovane rivela una buona disposizione per la meccanica. Nel 1871, a 16 anni, terminati gli studi, Pietro viene assunto come fabbro e tornitore presso la Società Veneta di costruzioni meccaniche di Treviso dove rimane sino al 1877 e dove compie tutto il tirocinio del lavoro manuale, da modellatore falegname a tornitore e infine fabbro di banco. In quel periodo supera anche l’esame di abilitazione all’insegnamento del disegno, al solo fine di migliorare la propria posizione professionale, con la qualifica di meccanico disegnatore; per esercitare la mano, terminato il lavoro, dipinge dal vero qualche tavoletta con i pochi colori usati in fabbrica per verniciare le locomobili. Nel 1877, a causa di un diverbio con il capo officina, decide di lasciare il lavoro di Treviso e di tornare a Venezia dalla famiglia che abitava sopra il Caffè che aveva preso in affitto; nell’attesa di un posto di meccanico alle officine Neuville della Giudecca; per perpetuare la sua passione per il disegno, decide, all’età di 22 anni, di iscriversi alla Accademia di Belle Arti di Venezia, già frequentata con profitto dalla sorella Antonietta .
Patentato per la docenza, all’Accademia sceglie di seguire soltanto la scuola di prospettiva tenuta da Tommaso Viola e quella di paesaggio, tenuta da Domenico Bresolin, che alternava lezioni in aula con lo studio dal vero, portando il gruppetto di studenti a dipingere en plein air tra le calli veneziane. Nel suo primo ed unico anno d’Accademia, si distingue nella scuola di paesaggio ottenendo a fine anno il 2° premio per il primo corso nella prova “disegni a matita e chiaroscuri a carbone”. Dice di lui Ojetti : “Pietro Fragiacomo è un ottimo meccanico[…] e’ un enigma insolubile per chi cerca di spiegare la sua arte con le sue origini…Nessuna precocità, nessuna vocazione irresistibile[…]la sua grande gioia fu quando potè montare egli stesso una macchina, potè lavorare con la testa e non soltanto con le mani[…].E la pittura? Non ci pensava nemmeno in sogno”.
La svolta nella sua vita fu l’incontro nel 1878 con il pittore Giacomo Favretto, conosciuto al di fuori dell’ambiente accademico che aveva già abbandonato. Lo conobbe grazie ad un amico comune che aveva spinto il Favretto a dare un giudizio personale sugli studietti “dal vero” del giovane pittore.
Si instaura presto fra i due artisti un rapporto di amicizia molto forte, cementato dall’origine popolare di entrambi. Fra il 1878 e il 1879 Fragiacomo conosce e si lega ad un altro pittore, Ettore Tito, presentatogli da Favretto, più giovane di lui di due anni, col quale trova affinità di carattere dovuta all’indole generosa e mite di entrambi. Per molti mesi si reca a dipingere insieme a Tito quasi ogni giorno dal “vero” in Quintavalle dietro San Pietro in Castello, “[…] in un’osteria sempre deserta con un orto sempre chiuso.[…] Dall’orto[…] si vedeva da un lato la laguna, dall’altro Sant’Elena[…]Quando pioveva s’entrava nell’osteria[…]”.
Di questi studietti dal vero, che non piacevano a Favretto, Fragiacomo alcuni li consegna ad un negozio di quadri in Merceria, all’angolo di Calle Larga S. Marco perché siano venduti ai turisti, altri li espone alla Permanente presso il campo dell’Accademia, al primo piano della casa detta “ delle glicine”.
Da allora si va delineando chiaramente in lui un’autentica vocazione alla pittura.
Il suo esordio ufficiale avviene nel 1880 alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino dove presenta Un noioso accidente, (dipinto ora non rintracciabile neppure per immagine), quadro di genere, di sapore favrettiano e dal titolo goldoniano, allusivo a un incidente di viaggio: una coppia di passeggeri osserva la propria carrozza rovesciata all’alba in aperta campagna. Il quadro passa del tutto inosservato ma Ojetti osserva che al di là dell’aneddoto frivolo “[…] il paesaggio aveva già un’anima e quell’alba che sbadigliava sulla pianura umida e deserta[…] già indicava il gran paesista[…].”.
Dal 1880 in poi si dedica solo ed esclusivamente al paesaggio e le sue prime vedute sono vicine allo stile di Guglielmo Ciardi sia come impostazione prospettica che come chiarezza d’espressione; in seguito si distaccherà da questa pittura dando un preciso indirizzo alla sua arte. Nel 1881 espone a Milano la sua prima marina, Quiete, e nel 1883 partecipa all’Esposizione Nazionale di Roma con un paesaggio di rilievo, I noci, ambientato in Carnia e Primavera, alla Società di Belle Arti di Verona; le sue opere cominciano ad apparire all’estero. “[…] Ormai egli si riuniva deliberatamente ai grandi paesisti moderni che da Constable a Turner avevano riconosciuto un solo “personaggio” espressivo delle loro passioni, la luce[…]”.
Dal 1882 espone diverse opere a Londra, alla Fine Art Society, dove continuerà ad esporre anche in altre sedi tra cui la Pastel Society , fino ai primi anni del ‘900.
Nel 1883 invia una veduta di Venezia all’Esposizione Internazionale del “Glaspalast” di Monaco dove esporrà anche negli anni 1888, 1889, 1892, 1897, 1900, 1901, 1902, 1903, 1904, 1905, 1913.
Tra il 1882 e il 1883 esegue Venezia povera, uno dei suoi capolavori, che espone a Torino, all’ Esposizione Generale Italiana e che segna una svolta nel vedutismo veneto di fine ottocento: taglio fotografico, lirismo del paesaggio, espressione di malinconico stato d’animo. Si nota l’influenza di Ciardi che aveva portato a Venezia il clima di rinnovamento legato al vero dopo aver conosciuto nel ’68 gli artisti del Caffè Michelangiolo a Firenze e quelli della scuola di Resina.
Il dipinto, entrato nella Collezione Marzotto, momento conclusivo del suo primo periodo, mostra lo scorcio di un canale nelle isole della laguna, improntato ad un lirismo crepuscolare e ad un paesaggismo modulato su luce e colore in cui si nota, oltre all’avvicinamento a Guglielmo Ciardi anche l’influenza di Filippo Carcano presente a Venezia e conosciuto da Fragiacomo.
Nel 1885 ottiene la nazionalità italiana, fatto molto importante per un triestino come lui, e nel 1887, all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Venezia, insieme ad una folta schiera di pittori fra i quali Ciardi, Favretto e Tito, espone cinque opere: Il silenzio, Sera, Case di pescatori, Pescatori e Laguna , opera acquistata dal re Umberto I ,riscuotendo un buon successo. Un frammento di giornale non identificato del 1887 afferma : “Silenzio” […] è una laguna nella nebbia di sera, quando i vapori si accendono dei lumicini notturni; in “Sera” la poca luce del crepuscolo sfuma i contorni del pontile della lagunare e dei suoi vaporini; in “Laguna” il Fragiacomo dà tutto sé stesso per l’effetto solo ma potentissimo di luce[…]”.
E ancora: “[…] di Fragiacomo si può dire che conosce a perfezione la scelta delle luci e ha tutte le sfumature del dipinger grazioso[…]” e nel Bollettino Ufficiale dell’Esposizione Nazionale Artistica Illustrata , del luglio 1887, si dice che “[…] Pietro Fragiacomo è ormai reputato uno dei più chiari e più veri marinisti italiani[…]”.
Dopo l’Esposizione Favretto muore per un’infezione e Fragiacomo cade nello sconforto per parecchi mesi.
Il 1889 è, per Fragiacomo, l’anno dei riconoscimenti ufficiali: si reca a Monaco (dove tornerà nel 1892 e nel 1906) assieme ad Ettore Tito e partecipa all’Esposizione Internazionale di Belle Arti con Casupole di pescatori e Laguna; ottiene la medaglia di bronzo alla Esposizione Internazionale di Parigi (nella quale Carcano, Segantini e Ciardi ottengono la medaglia d’oro) con il dipinto Scirocco.
Simili attestazioni di merito furono da allora sempre più frequenti, mentre le sue opere continuavano a figurare ad esposizioni italiane e straniere, da Dublino, a Stoccolma, Budapest, Pietroburgo, Buenos Aires, San Francisco.
Nel 1890 sposa la triestina Eugenia Rossignol e si reca ad abitare alla Giudecca al Ponte Longo; nello stesso anno raggiunge con lei Costantinopoli: frutto del viaggio è una suggestiva impressione della città, ma non si conoscono al riguardo, altri dipinti di rilievo. Fragiacomo infatti è solito dipingere “[…] solo i paesi che conosce da anni[…]Perfino a Trieste dove è nato[…] dove torna spesso perché vi conserva amicizie e interessi, non può dipingere. I suoi paesi sono tutti , di Venezia e di Chioggia, del Cadore e della Carnia dove va a villeggiare[…]”.
Nell’ottobre dello stesso anno è presente con cinque opere alla Prima esposizione del Circolo Artistico di Trieste organizzata nel Museo Civico Revoltella, dove compare anche l’amico e pittore triestino Guido Grimani.
Inizia qui la seconda stagione di Fragiacomo, improntata a suggestioni simboliste, e divisioniste, essendo venuto a contatto, nelle esposizioni , con pittori d’oltralpe che portarono modi e tavolozze del tutto nuovi.
Nel 1891 espone a Milano, alla Prima Esposizione Triennale di Brera, Riposo, Inverno (che entra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) e Pace, insignito del premio “Principe Umberto” di L. 4000, acquistato dal re per la Villa Reale di Monza. Proprio a Milano conosce e viene suggestionato dai primi quadri “divisi” cioè dipinti secondo la teoria della divisione dei colori, che Gaetano Previati, Segantini e Angelo Morbelli presentano alla Triennale, anche se Fragiacomo non approfondirà mai la tecnica divisionista.
Nel 1892 il dipinto Pescatori ottiene la medaglia d’argento a Genova e viene acquistato dal re mentre nel 1893 il dipinto La campana della sera viene premiato con la medaglia d’argento all’Esposizione Nazionale di Belle Arti a Roma e l’anno seguente con la “piccola medaglia d’oro statale” a Vienna ed entra in seguito al Museo Revoltella di Trieste, per una cifra giudicata dal pittore troppo bassa. Viene indicato successivamente come socio corrispondente nell’ elenco dei soci che aderivano al gruppo Secessione, fondato due anni prima dagli artisti figurativi di Monaco. Nel 1895 nasce la Prima Esposizione Internazionale della città di Venezia, la futura Biennale, che viene inaugurata nel cortile del Palazzo Ducale .
Alla Prima Biennale espone due opere, Un saluto acquistato dal re Umberto e che ora si trova al Quirinale, e Tristezza che riceve il premio della Lega degli Insegnanti di L. 2500; lo stesso dipinto nel 1896 riceve la medaglia d’oro a Berlino e viene acquistato per la “National Galerie” della città. Nello stesso anno Fragiacomo viene anche nominato Accademico di merito.
Diventerà poi assiduo frequentatore delle Biennali veneziane distinguendosi sia come organizzatore che come decoratore delle sale venete.
Nel 1897 alla Biennale di Venezia espone due lavori, Al vento, che risente delle influenze della pittura nordica e delle atmosfere dei marinisti nordici, acquistato dal principe Alberto Giovanelli che lo dona al sindaco di Venezia, assieme ad atre sette opere di artisti diversi, in modo da costituire il primo nucleo di quella che poi sarebbe diventata la Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, e Calma crepuscolare, che ottiene riscontri all’Esposizione di Berlino del 1898 quando viene riprodotto sulle pagine di “Die Kunst fur Alle”.
Nel 1899 si reca a Parigi ed espone alla Biennale veneziana Tramonto triste, acquistato dal re Umberto I che lo donerà alla Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Aprile che risente di cadenze divisioniste, e infine Piazza San Marco, acquistato dalla Provincia di Venezia.
In quest’anno, per la prima volta, fu dedicata una sessione ad una mostra di “cartoline postali illustrate” in cui Fragiacomo venne premiato con la medaglia d’oro presentando una serie di cartoline raffiguranti le quattro parti del giorno. Esse furono acquistate dalla Regina Margherita
Negli anni ’90 avviene un passaggio stilistico nel pittore che raggiunge un linguaggio molto più stilizzato vicino ad alcune istanze di Art Noveau. Proprio in questi anni inizia le ricerche tecniche sulla tempera già avviate da Cesare Laurenti.
Alla Biennale del 1901 espone Al mare, Torrente, Le rondini, Il sonno acquistati dalla regina Margherita che li dona alla Galleria veneziana .
Tra il 1901 e il 1903 lavora a Trieste per la decorazione della grande villa Gossleth ma di tale impresa non rimane traccia. Alla V Biennale veneziana, nel 1903, presenta 12 dipinti quattro dei quali ottengono la medaglia d’oro: Mare, Una casetta bianca, Vecchi amici, Notturno e allestisce la decorazione della Sala regionale veneta. Si nota in questi dipinti una nuova tecnica di Fragiacomo, che riprende e affina quella di Cesare Laurenti: il quadro preparato e dipinto a larghi piani sintetici con la tempera, ammorbidita da velature per ottenere gli effetti poetici cari all’Artista. Dai primi anni del 1900 abita alla Giudecca, frequenta il Caffè Giacomuzzi in Calle Vallaresso e ritrae la laguna dalla veranda della sua casa o spingendosi al largo con una barca di amici pescatori, ricercando assiduamente stimoli sul vero o rifugiandosi in una specie di capanna con vista sulla laguna. Ma il suo interesse è attratto anche dall’amato paesaggio montano della Carnia e del Cadore e dalle zone del Brenta, dove si recava a villeggiare.
Dipinse anche alcune vetrate per la villa Chiggiato, a Vittorio Veneto, andate distrutte sotto i bombardamenti, seguendo il gusto per la vetrata istoriata nell’affermazione del liberty sullo scorcio del secolo.
Nel 1905, alla VI Biennale, allestisce la decorazione della sala veneta e a quella del 1907, la VII, espone Afa, Mondo notturno, Cavalli stanchi mentre nel 1909 Giornata burrascosa e Accanto alla via maestra.
Nel 1909 mortogli il padre e, dopo un anno la madre, dovette assumere il ruolo di capofamiglia, essendo le sorelle rimaste nubili.
Alla Biennale del 1910 espone una mostra personale di 75 opere, 26 oli e 49 studi. Sempre nel ’10 un suo dipinto, Giornata burrascosa, ottiene la medaglia d’oro alla Prima Esposizione Provinciale Istriana di Capodistria.
Nel 1912 espone alla X Biennale quattro lavori: Laguna, Pioppi, Il mare e gli scogli, Gli alberi della pace. Alla Biennale del 1914 espone I superstiti, La glicina, La portolata. Vince il concorso fiorentino “Stefano Ussi” con il quadro Il traghetto che viene acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna di Firenze.
Alla Biennale de 1914 è presente con I superstiti, La glicina, La portolata.
Fino all’inizio della prima guerra mondiale gli artisti veneziani erano soliti riunirsi nel “Caffè Giacomuzzi”. Riferisce l’ing. Luigi Nono:” […] Vi faceva saltuarie apparizioni Pietro Fragiacomo, elegiaco perfino negli occhi cerulei, esile, mingherlino, tutto cranio lucidissimo e baffoni e barbetta biondicci, soprannominato “Gagliardotti”[…] limitava il suo misuratissimo eloquio al rituale “Che nova nel campo artistico?[…]”
Non avendo avuto figli, Fragiacomo amava molto i bambini e, per la sua duratura passione per la meccanica, ne riparava i giocattoli rotti. Riferisce Ojetti queste sue parole: “[…]E’ un giocattolo. Che vuoi? Sono rimasto un meccanico. E tutti i bambini dei miei amici quando rompono un giocattolo un po’ complicato si difendono dalle sgridate dei genitori giurando che io lo saprò accomodare súbito[…]”.
In questo senso la sua profonda inventiva lo spingeva a concretizzare dispositivi, fra i quali un sistema di lenti a canocchiale, collegato alla passione per la fotografia. Si costruì anche una macchina da ripresa cinematografica.
Alla Giudecca il pittore era molto amato per la sua semplicità ed a volte vi restava anche mesi senza raggiungere il centro storico. Amava infatti spingersi al largo in barca o rifugiarsi in un capanno con vista in laguna. La sua stessa casa, con la grande veranda sulla laguna, gli offriva una vista ideale per studiare il variare dell’ora e delle luci.
Con lo scoppio del primo conflitto mondiale, per Fragiacomo i tempi sereni hanno fine; con la moglie dedica parte delle sue energie al Comitato di Assistenza Civile non abbandonando mai Venezia, anche nei momenti più pericolosi.
Durante gli anni di guerra esegue Notte di guerra, Profughi, I nostri eroi, Torpediniere.
Del 1916 è la Madonna della neve o delle nevi, singolare dipinto in quanto unico dipinto di figura nel quale si sia mai cimentato e uno fra i pochissimi volti di donna ritratto in primo piano che si conoscano. L’opera fu eseguita per la cappella “Alpini del Pal Grande” a Timau, nella primavera di quello stesso anno e la figura femminile, con la corona d’alloro tra le mani, fu poi ribattezzata Madonna dell’offerta dal generale Cadorna che la vide.
La Madonna è raffigurata con il capo coperto da un mantello che scende sulla spalla destra e con una tunica bianca; con le due mani regge una corona di alloro ed è colta nell’atto di deporla sul capo di tutti i soldati che sulle nevi hanno sacrificato la loro vita per la patria.
Nel 1918 diventa Commendatore della Corona d’Italia, presenta alcune opere in una personale tenuta nella famosa Galleria Pesaro di Milano e nel dopoguerra, secondo una testimonianza orale, si reca in Giappone dove la sua opera viene molto apprezzata e da dove riporta un paravento con motivi paesaggistici che utilizzerà per alcuni paesaggi di fantasia.
Negli anni della vittoria, dipinse dall’alto dei tetti del Mulino Stucky il bacino veneziano “con le navi fumose”; ricominciano gli anni di attività pittorica.
Nel 1920, alla XII° Biennale veneziana, dove fa parte del comitato direttivo, espone Armonie verdi, Canale della Giudecca e a quella successiva nel 1922, riceve una medaglia d’oro per meriti artistici con i dipinti Il golfo di Trieste e Ritorno.
Il 18 maggio dello stesso anno muore per malattia a Venezia, a 66 anni.
Nel 1924, alla Biennale di Venezia, gli viene dedicata una Retrospettiva di 100 opere preparata dai pittori E. Tito , De Stefani e dal critico Ojetti, mentre nel 1928 tre suoi quadri compaiono alla sedicesima Biennale, Paesaggio, Barca, Canale a Chioggia.
Nel 1932 due sue opere partecipano alla mostra di 30 anni di arte veneziana, La laguna dopo la pioggia e Studio di barche e nel 1935 undici sui lavori completano il panorama artistico della mostra celebrativa dei 40 anni della Biennale.
Le opere del pittore vengono custodite dopo la sua morte dalla moglie e dalle sorelle nella casa di S. Antonin dove si erano trasferite. Data la mancanza di eredi diretti sembravano destinate alla beneficenza, ma alla scomparsa dell’ultima sorella Maria Luigia nel 1945 la collezione fu smembrata e dispersa sul mercato.

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