Nasce a Firenze nel 1835 e segue i corsi liberi del nudo all’Accademia mentre si spinge a disegnare dal vero nella campagne insieme a Borrani e Cabianca. Con Vito d’Ancona, che conosce al Caffè Michelangiolo, di cui frequentava i dibattiti e ne era il teorico, nel 1856 si reca a Venezia dove realizza studi dal vero della città. Al ritorno si dedica alla pittura di storia e nel 1858 esegue studi dal vero in Liguria, che utilizzerà in seguito per dipinti più compiuti. Nel 1860, con Banti , Borrani, Cabianca e Pointeau sperimenta a Montelupo un nuovo tipo di raffigurazione pittorica giocato sull’intensità dei rapporti cromatici sotto gli effetti della luminosità naturale. Nel 1861 si reca a Parigi, dove vede le opere di Breton e Bastien- Lepage a cui poi si ispirerà. Nel 1862 inizia a dipingere a Piagentina con Lega ed Abbati, dopo avere iniziato anche un’attività di collaborazione come critico d’arte per riviste dell’epoca.
Oltre alla pittura di paesaggio, si avvicina anche a soggetti crudi come nell’opera molto apprezzata da Degas “Sala delle agitate al San Bonifazio di Firenze”; ammira inoltre Boldini e De Nittis che frequenta a Parigi dove lavora per i mercanti Goupil e Reitinger. Prosegue poi i viaggi in Scozia, Inghilterra e trascorre lunghi periodi alle Cinque Terre, Isola d’Elba e Settignano, dedicandosi in seguito all’incisione, dagli anni ’80. Muore a Firenze nel 1901.
E’ da considerarsi uno dei più importanti esponenti della pittura macchiaiola.
Venezia, Ponte delle Pazienze
Uno dei primi esempi di “macchia”, è il dipinto di Signorini qui raffigurato, Ponte delle Pazienze (e non Pazienza) – oltre ad altre opere dello stesso autore raffiguranti scorci di Venezia – da me riconosciuto come opera di Telemaco Signorini, su precedenti attribuzioni a Vincenzo Cabianca, in seguito pubblicato da Piero Dini e da altri studiosi, costantemente indicato con titolazione non esatta. Sul retro della tela, sul telaio, reca, di mano dell’Artista, la scritta a matita di grafite : Dietro la chiesa del Carmine al Ponte delle Pazienze ; è da tenere presente che il termine “Pazienze”, in veneziano, indica piccole clamidi lavorate presso l’Ospizio delle Pinzocchere del Carmine, indossate da alcuni per devozione sotto le vesti. La datazione al 1856 è confermata da un disegno intitolato e datato Ponte delle Pazienze /1856 esposto alla mostra di disegni di T. Signorini, tenuta a Roma nel 1969 in cui lo scorcio veneziano risulta identico ma privo delle figure. Il dipinto, per i suoi caratteri innovativi venne rigettato dalla Promotrice per eccessiva violenza di chiaroscuro e fu attaccato dai giornali come macchiajuolo, in senso spregiativo.
La fresca sintesi del paesaggio, risolto poeticamente per spicchi tonali di chiari e scuri, così come le solenni architetture, rivitalizzate dalla luce protagonista e calibrata sul fuoco ottico delle figure suggestivamente sintetizzate per rapidi tocchi “a macchia”, pongono questo dipinto quale emblema della nuova tecnica pur se il cielo, levigato, appare ancora riferibile alla pittura d’impasto.